Quanto impatta la scelta dei nostri alimenti sulla sostenibilità ambientale? La risposta è “molto”.
Sono ormai noti gli studi relativi all’impatto che hanno alcuni cibi sull’ambiente; ciò deriva dalla quantità di materie che sono necessarie per far sì che il futuro alimento (animale o vegetale) cresca e possa arrivare sulle nostre tavole. Si parla quindi della quantità di acqua che è necessaria per crescere, del mangime piuttosto che del fertilizzante, e così via. Dati che possono sembrare irrisori diventano estremamente pesanti se rapportati alle migliaia di tonnellate necessarie per sopperire alla richiesta
del mercato.
Senza contare le “mode culinarie”, che determinano solitamente uno picco molto
veloce della produzione con il conseguente sfruttamento di qualsiasi mezzo necessario al raggiungimento dell’obiettivo (si pensi alla richiesta crescente di avocado e salmone, ingredienti fondamentali per le ormai famose bowl e per il sushi, entrati a far
parte del quotidiano).
Partendo da ciò, molti studi convergono verso due punti: “sano” e “sostenibile”
saranno le due parole alla base delle diete future, per dare sollievo ad un pianeta
sovrappopolato (la stima è quella dei 10 miliardi di popolazione entro il 2050) e in
affanno.
Le strategie che vengono consigliate per nutrire tutti e risparmiare risorse sono molte, tra cui la più importante è quella dell’applicazione della sostenibilità a livello domestico e nel quotidiano, pianificando in modo efficiente i menu della settimana e conseguentemente la spesa, scegliendo possibilmente prodotti locali e non eccedendo con le quantità, per evitare di dover buttare via alimenti andati a mele per il non-consumo.
Anche perché, dati Unep alla mano, si parla di sprechi che riguardano ad esempio un terzo del cibo che viene coltivato (equivalente a 900 milioni di tonnellate sprecate ogni anno, ovvero 23 milioni di camion a pieno carico), più tutto ciò che sta a monte della catena. Se gli sprechi alimentari fossero una nazione, sarebbero al terzo posto dopo gli Stati Uniti e la Cina per emissioni di gas serra – impressionante!
Partendo dal risparmio quotidiano diventa inevitabile fare un raffronto con i luoghi
della ristorazione. Pensiamo all’impatto di un bar, di un ristorante o di una mensa in
quest’ottica: quante volte abbiamo lasciato qualcosa nel piatto solo perché la porzione era abbondante, o perché la pietanza non era di nostro gradimento? E quante scorte alimentari saranno state buttate via perché scadute o non più utilizzabili per il pubblico?
Ebbene, lo spreco alimentare in Italia e in questi settori è dichiarato dagli stessi ristoratori che, secondo lo studio del Bocconi Green Economy Observatory, si ritrovano a dover buttare via ogni settimana dai 2 ai 5 sacchi da 220 litri di scarti alimentari.
Quali soluzioni possono essere adottate? Nel prossimo articolo del blog vedremo altri dati e qualche possibile soluzione. E sì, indubbiamente PickEat ha messo lo zampino in questa faccenda!

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